STORIA DI UN CORPO * DANIEL PENNAC

Scrivere mi sfinisce. La penna è pesantissima. Ogni lettera è un’ascensione, ogni parola una montagna
DANIEL PENNAC * STORIA DI UN CORPO
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E se la caccola fosse solo un pretesto? Un pretesto per giocherellare con quella bambolina di cartilagine che è la punta del naso. A cosa pensava, quell’automobilista? A cosa pensavo io stesso prima di osservarlo? A niente che mi ricordi. Fantasticherie latenti, aspettando che il semaforo diventi verde.
Ecco a cosa ci serve quella cartilagine: ad aspettare pazientemente che la vita ricominci. Ipotesi confermata stasera dallo spettacolo di Bruno seduto tranquillo nella vasca da bagno, intento ad attorcigliarsi il prepuzio intorno all’indice, con in viso la stessa inespressione di un automobilista fermo al semaforo. Il prepuzio, la punta del naso, i lobi delle orecchie non sono propriamente oggetti transizionali. Non rappresentano nulla di particolare, quindi non svolgono il ruolo simbolico attribuito alla bambola o all’orsacchiotto. Si limitano a occupare le nostre dita quando la mente è altrove.
Richiamo discreto della materia ai pensieri che vagano. La ciocca di capelli che attorciglio leggendo
Delitto e castigo mi sussurra che non sono Raskolnikov.
DANIEL PENNAC * STORIA DI UN CORPO
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Non pensavo che un bambino potesse nascere sorridendo. Eppure è questo il caso di Lison, nata oggi pomeriggio, alle cinque e dieci, tonda, liscia, riposata, con il sorriso di un piccolo buddha massiccio e calvo, che posa sul mondo uno sguardo in cui è racchiuso un palese intento pacificante. La mia prima reazione di fronte a un neonato – è già successo alla nascita di Bruno – non è tanto giocare al puzzle delle somiglianze quanto cercare su quel viso recentissimo i segni di un temperamento. Mia piccola Lison, non fidarti di un padre che, appena arrivata, ti attribuisce la facoltà di pacificare il mondo.
DANIEL PENNAC * STORIA DI UN CORPO
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Dodo mi ha svegliato in piena notte. Piangeva. Gli ho chiesto il perché, non ha voluto dirmelo. Allora gli ho chiesto perché mi avesse svegliato. E così mi ha detto che i suoi amici lo prendevano in giro perché quando faceva pipì lui arrivava meno lontano di loro. Ho chiesto fino a dove. Mi ha detto non lontano. La mamma non ti ha insegnato? No. Gli ho chiesto se adesso gli scappava. Sì. Gli ho chiesto se arrotolava bene il calzino prima di fare pipì. Mi ha detto: come, il calzino? Siamo andati sul balcone e gli ho mostrato come si fa ad arrotolare il calzino. È una cosa che mi ha insegnato Violette quando ero piccolo, facendomi il bagno: Arrotolati un po’ il calzino, non sia mai che ti vengono i funghi! La punta è uscita fuori e lui ha pisciato lontanissimo, fin sul tettuccio della Hotchkiss dei Bergerac. Era parcheggiata sotto casa. Ha pisciato fino all’altro lato del marciapiede. Era così contento che faceva pipì ridendo. E questo mandava il getto ancora più lontano, a raffiche. Ho avuto paura che la mamma si svegliasse e gli ho messo la mano sulla bocca. Ha continuato a ridere nella mia mano.
DANIEL PENNAC * STORIA DI UN CORPO
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Forse è proprio così, morire. Sarebbe molto piacevole se non avessimo tanta paura. Forse ci svegliamo ogni mattina solo per rimandare il momento delizioso in cui stiamo per morire. Quando papà è morto, si è addormentato un’ultima volta.
DANIEL PENNAC * STORIA DI UN CORPO
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Il mio corpo è anche il corpo di Violette. L’odore di Violette è come la mia seconda pelle. Il mio corpo è anche il corpo di papà, il corpo di Dodo, il corpo di Manès… Il nostro corpo è anche il corpo degli altri.
DANIEL PENNAC * STORIA DI UN CORPO
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Poco fa, in bagno, Dodo si lavava gli occhi per via dell’omino della sabbia. Violette gli ha detto che l’omino della sabbia passava tutte le sere e appena hanno cominciato a pizzicargli gli occhi lui è andato subito a lavarseli. Gli ho spiegato che non è l’omino della sabbia, ma il sonno a far pizzicare gli occhi.
Che ciò che chiamiamo l’omino della sabbia è la voglia di dormire. Ha risposto: E infatti, è l’omino della sabbia! Dodo è ancora succube delle immagini. Io scrivo questo diario per liberarmene
DANIEL PENNAC * STORIA DI UN CORPO
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