Non so perché ho telefonato.
Non lo so proprio.
Questo numero l’ho visto in tv. No, forse l’ho visto stampato su un manifesto per strada.
C’era accanto la scritta “centro antiviolenza”.
Credo…
Va bene, non importa dove ho visto questo numero.
Devo dirle perché ho chiamato?
Forse ho un problema. Ma forse no. Sicuramente no.
Sicuramente esagero.
Sicuramente sto sbagliando.
Non dovevo chiamare.
Lei vuole che parliamo un po’?
Lei vuole sapere come mi sento?
Io… come mi sento.
Non lo so come mi sento.
Nessuno mi chiede mai come mi sento.
Non so dire come mi sento.
Forse sono una cosa un po’ vuota: come un sacco vuoto, come un piatto vuoto, come qualcosa di vuoto che prima era pieno.
Ecco. Sono una cornice vuota, senza il quadro.
Prima ero un bel quadro: uno di quelli con molti colori, molto naif, molto allegro.
Un quadro con la cornice.
Perché? Mi chiede perché adesso sono una cornice vuota? Senza quadro?
Semplice. Perché lui ha tolto il quadro.
Sì, lui.
Lui è l’amore della mia vita.
Sì, fidanzato, compagno, amante.
Come vuole chiamarlo?
Io lo chiamo amore. Per me è l’amore della mia vita.
Sa, ogni mattina mi porta il caffè a letto e poi mi dice che sono la più bella del mondo.
Come non amare un uomo così?
E mi riempie di regali di ogni tipo, non solo per le feste: anche in altre occasioni.
Soprattutto dopo le nostre litigate.
Sì, certo, litighiamo.
Come tutte le coppie.
Sì, certo, anche noi litighiamo.
Tutti litigano. E’ normale. E’ umano.
Schiaffi? No, per carità.
Forse… solo una volta. O forse… due volte.
Ma poi, basta.
Magari una spinta. Ma non voleva. E sono caduta giù per le scale di casa.
Mi sono rotta la caviglia. Sì, sono stata al pronto soccorso e mi hanno messo il gesso.
No, ma scherziamo? Come facevo a dire che lui, il mio amore, mi aveva spinta giù per le scale. Non potevo. Ho detto di essere caduta da sola.
Può capitare, del resto.
Certo, i medici hanno creduto alle mie parole.
Altre volte?
Una volta mi ha stretto forte il polso e ho dovuto tenerlo bendato una settimana.
Si era gonfiato un po’ e mi faceva male.
Ma niente di grave. Poi è passato.
Sono cose che capitano in tutte le coppie. Come lo so? Mah! Credo che sia così.
Si sa, si dice, si legge.
L’amore è anche passione.
Secondo lei, tutto questo non è amore e non è passione, ma è violenza…
Violenza.
Violenza?
Mi scusi, ma è un termine esagerato.
No, non può essere violenza.
Lui è l’amore della mia vita!
Perché allora ho telefonato?
Perché. Non so il perché.
Forse perché lui stamani mi ha dato un pugno.
Mi fa male la pancia.
Ma lui non voleva certo procurarmi dolore.
Lui mi ama.
Era solo nervoso. A volte capita che lui sia nervoso.
Sì, mi fa ancora male la pancia.
Mi fa molto male.
Mi ha dato un pugno sotto lo stomaco.
Ho provato tanto dolore da svenire.
Quando ho riaperto gli occhi lui non c’era più e io ero sdraiata sul pavimento della cucina. Vicino a me c’era il gatto che mi leccava la mano.
No. Non sono andata al pronto soccorso.
Mi sono fatta un bel caffè, ma mi veniva da vomitare. Allora non l’ho bevuto.
Così, ho pensato di provare a chiamare voi.
Così, tanto per capire cosa fate.
Così, solo per curiosità.
Mica ho bisogno di voi, in realtà.
E’ solo per capire.
E’solo per avere qualche informazione.
Io non ho bisogno di aiuto.
Lui mi ama davvero.
Io sono tutta la sua vita! Me lo dice sempre…
Però.
Lei continua a dirmi che nell’amore non c’è violenza.
Che l’amore è un’altra cosa.
Che l’amore è fatto di carezze e non di pugni.
Che l’amore solleva e non atterra.
Che l’amore fa sognare e non vivere nel terrore.
Che l’amore riempie le persone e non le svuota.
Che l’amore è altro da questa cornice senza quadro.
Cos’ho capito ora?
Che forse dovevo chiamarvi prima.
Che forse sto sbagliando.
Che forse non è amore.
Che forse… devo riempire di nuovo la cornice.
Barbara Giorgi
***
Non è piacevole.
Non è piacevole stare sempre in ansia.
Non è piacevole stare in attesa di quel qualcosa che deve accadere.
Paura dell’evento, del fatto, del momento.
Perché accade. Lo so che accade: è inevitabile.
Se non accade ora, accadrà presto, a breve.
Lo sento nell’aria. E’ qui intorno a me: lo respiro e ha un odore acre e violento.
E quell’odore nell’aria l’ho già percepito altre volte, molte altre volte.
Quell’odore che preannuncia la tempesta.
Quell’odore che preannuncia lo scontro, il litigio feroce, la violenza.
Lui inizia ad essere più taciturno e serio.
Non ride mai. E’ assorto nei suoi pensieri.
Se parlo, non risponde.
Se rido, mi guarda pensando ad altro.
Non c’è. Lui non c’è.
Sembra essere in un altro mondo, lontano da me.
Diventa difficile comunicare, anche per le cose più piccole e insulse. Per quelle cose del quotidiano che in altri momenti sembrano belle e piacevoli.
Pian piano, ogni parola è recepita da lui come sfida. Come un affronto alla sua persona, al suo essere uomo, alla sua virilità, allo scettro del comando.
Pian piano ogni frase è analizzata e marchiata a fuoco.
Ogni parola e ogni frase diventano una scintilla, una scusa per scatenare la guerra.
Perché lui ha bisogno della guerra: la vuole, la cerca, la pretende.
Perché? Non lo so.
Forse mi odia, forse fa finta di amarmi.
Forse gli serve un contenitore dove vomitare la rabbia che ha dentro. Chissà per cosa. Chissà perché.
Forse mi usa solo come punto di riferimento della sua giornata.
Forse è abituato a vedermi tra queste pareti.
Forse non ha mai pensato che potrei smettere di amarlo.
Ci ho provato.
Ho voluto credere in questa nostra vita. Ogni giorno per tutti i giorni che verranno, nel bene e nel male, in salute e in malattia finché morte non ci separi.
Ma forse sono già morta.
Muoio ogni volta che accade.
Muoio un pezzo alla volta.
Muoio perché qualcosa dentro si brucia e sparisce per sempre: brandelli di serenità, di gioia, di amore.
Che se ne vanno.
Per sempre.
Barbara Giorgi ©
Non importa chi sono. Non importa come mi chiamo. Potete chiamarmi Strega.
Perché tanto la mia natura è quella. Da sempre, dal primo vagito, dal primo respiro di vita, dal primo calcio che ho tirato al mondo.
Sono una di quelle donne che hanno il fuoco nell’anima, sono una di quelle donne che hanno la vista e l’udito di un gatto, sono una di quelle donne che parlano con gli alberi e le formiche, sono una di quelle donne che hanno il cervello di Ipazia, di Artemisia, di Madame Curie.
E sono bella! Ho la bellezza della luce, ho la bellezza dell’armonia, ho la bellezza del mare in tempesta, ho la bellezza di una tigre, ho la bellezza dei girasoli, della lavanda e pure dell’erba gramigna!
Per cui sono Strega.
Sono Strega perché sono diversa, sono unica, sono un’altra, sono me stessa, sono fuori dalle righe, sono fuori dagli schemi, sono a-normale… sono io!
Sono Strega perché sono fiera del mio essere animale-donna-zingara-artista e … folle ingegnere della mia vita.
Sono Strega perché so usare la testa, perché dico sempre ciò che penso, perché non ho paura della parola pericolosa e pruriginosa, della parola potente e possente.
Sono Strega perché spesso dò fastidio alle Sante Inquisizioni di questo strano millennio, di questo Medioevo di tribunali mediatici e apatici.
Sono Strega perché i roghi esistono ancora e io – prima o poi – potrei finirci dentro.
Monologo di Barbara Giorgi scritto per Franca Rame
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