La lettura può essere, a qualsiasi età, un rifugio ideale per costruire o preservare uno spazio individuale, intimo, privato, un luogo «altro». Una stanza tutta per sé , come avrebbe detto Virginia Woolf , anche nei contesti in cui sembra che non vi sia alcuna possibilità di disporre di uno spazio personale.
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Sono molti gli scrittori che l’hanno confermato: la lettura è una cosa sola con la segretezza, la notte, l’amore, la dissoluzione dell’identità sociale. E fa appello allo stesso pudore dell’amore. Marguerite Duras notava, durante un’intervista: «In un certo senso, leggiamo sempre nell’oscurità […] La lettura ha a che fare con l’oscurità della notte. Anche quando fuori è pieno giorno, se stiamo leggendo attorno al libro scende la notte». E Michel de Certeau: «Leggere significa essere altrove, dove gli altri non ci sono, in un altro mondo […] significa creare degli angoli d’ombra e di notte in un’esistenza sottoposta alla trasparenza tecnocratica».
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l’accesso al libro e la sua democratizzazione implicano la condivisione di quel modo di abitare il tempo che è propizio alla fantasticheria. Proprio perché è in disaccordo, confligge con il ritmo delle attività «utili», essa può introdurre un margine di manovra, di creatività. C’è bisogno di ricordare che qualsiasi invenzione, qualsiasi scoperta nasce nei momenti di fantasticheria, e che in senso più ampio senza fantasticheria non vi è pensiero né creatività? Lo sa benissimo Daoud, che trascorre giorni interi in biblioteca e che ha notato come i demoni dell’«utilità» e dell’«efficienza» vi stiano guadagnando terreno: «Alla Cité des Sciences quegli imbecilli hanno eliminato tutti i libri di fantascienza, perché secondo loro non erano scientifici. Be’, è assurdo, come pensate che i giovani si interessino all’immaginario scientifico, a costruire dei robot, se non trovano dei libri che raccontano di qualcosa di inventato? Sono sicuro che libri come quelli di Jules Verne sono stati determinanti per centinaia di scienziati e di ingegneri. È con i sogni, non aprendo le pagine di un libro di matematica pieno di formule, che si diventa scienziati. Leggere del capitan Nemo, del suo sottomarino che combatte con un disco volante, sono queste le cose che tengono sveglia l’immaginazione. Non eliminandole perché secondo te non sono scientifiche o serie. Rifiutandole ci si impoverisce, non ci si arricchisce».
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come ha scritto Marsine Poulain, «più ancora della lettera del testo, del suo contenuto, all’origine di qualsiasi forma di censura ci sono le sue letture potenziali»
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Proprio come il soffitto di Montaigne, il nostro essere è tatuato di parole. Meglio ancora: è fatto di parole. Molte esistevano già prima della nostra nascita, altre sono arrivate con il tempo e l’esperienza. E certe, di cui siamo fatti, con le quali abbiamo messo insieme un senso, le abbiamo trovate nei libri. Ecco perché è così difficile separarsi dai propri libri: è il nostro essere, la nostra storia, che vediamo sfilare lungo gli scaffali